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Sicurezza, scali blindati tra code e ritardi

Sicurezza, scali blindati tra code e ritardi

14 Ottobre 2016

A distanza di pochi mesi dall’attentato a Bruxelles-Zaventem, i maggiori aeroporti nel mondo hanno alzato il livello di guardia, sia all’interno, che all’esterno degli scali. Nelle aree sensibili, come i varchi interni e di collegamento con stazioni ferroviarie e bus stop, sono stati allestiti “filtri” di controllo a persone e bagagli spesso vigilati dall’esercito, come nel caso di Bruxelles dove è stato allestito un body scanner per i passeggeri che scendono dal treno proveniente dal centro-città.

Lo sforzo per innalzare le misure di sicurezza, però, non sempre va di pari passo con una corretta comunicazione delle procedure. Proprio nel caso di Zaventem non tutte le agenzie di viaggi, né tantomeno i passeggeri, sono al corrente di questo doppio filtro; tra l’altro i controlli sono affidati a un esiguo numero di soldati e addetti. Questo vuol dire disagi per code che durano anche 30-40 minuti che si vanno a sommare ai 30 minuti di attesa media ai tradizionali varchi prima di accedere ai gate.

L’Airports Council International spiega che introdurre controlli sulle persone che cercano di accedere alle zone “di terra” degli aeroporti «potrebbe creare problemi e causare nuove falle nella loro sicurezza». Secondo l’associazione queste aree oggi non sono più controllate di quanto lo siano teatri, grandi magazzini e musei.

Negli aeroporti americani le aree antistanti ai controlli di sicurezza sono già sorvegliate da software che esaminano le persone che si attardano in maniera sospetta. In Gran Bretagna sono stati adottati i “detective profiler” che effettuano uno screening dei passeggeri in tempo reale per valutare eventuali comportamenti anomali e, tramite un database collegato con l’Interpol, vengono analizzati tempestivamente passeggeri sospetti. 

Ci sono poi le telecamere hi-tech, in uso nei principali scali europei, con sistema di riconoscimento e presidi improvvisati sulle vie d’accesso ai terminal, con impiego di cani anti-esplosivo. Al Charles De Gaulle di Parigi sono state installate speciali telecamere e impiegati alcuni detective ai quali è affidato il monitoraggio di persone e bagagli nelle aree antistanti i gate. Ma anche in questo caso l’effetto-sorpresa entra in conflitto con le tempistiche operative degli scali e con i tempi dei passeggeri.

Oggi i gestori aeroportuali consigliano di predisporre anche attraverso t.o. e agenzie di viaggi un’informativa dove vengano suggeriti margini temporali più lunghi per l’accesso in aeroporto. Di fatto si è ormai passati dalle due ore prima del decollo alle tre ore per fronteggiare lungaggini e code ai vari varchi di controllo. Ma il problema vero è dotare questi passaggi-sicurezza di un maggior numero di personale e di militari.

In Germania, ad esempio, è stato già deciso un aumento dei poliziotti negli aeroporti con l’assunzione da qui al 2020 di oltre 15mila nuove unità e l’installazione di un maggior numero di video-camere in tutti gli hub di trasporto (stazioni e scali). In Francia sono stati dislocati 1.600 agenti di polizia per il rafforzamento della sicurezza alle frontiere e nelle infrastrutture, compresi gli aeroporti.

Si torna, poi, a parlare del sistema in uso in Israele che è stato indicato come modello. Qui gli aeroporti hanno cinque livelli di sicurezza, a partire dal momento in cui agenti armati interrogano i viaggiatori all’esterno dell’aeroporto. In Italia sono aumentati i livelli di security all’esterno degli scali anche con l’impiego di militari. Ma c’è chi come l’esperto Simon Bennet, direttore dell’Unità per la sicurezza civile dell’università di Leicester, in Gran Bretagna tiene a ricordare che «il punto di vulnerabilità non viene eliminato, ma solo spostato». - di Andrea Lovelock - Fonte: L'AgenziaDiViaggi.it