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Il record dei siti Unesco che la Sicilia può perdere

Il record dei siti Unesco che la Sicilia può perdere

30 Novembre 2014

Sono tantissime, le nostre ricchezze riconosciute come patrimonio universale. Il solo Mezzogiorno sale oggi a 18. Uno in più della Persia dalla storia millenaria o della Grecia, la nazione «madre» europea. Il doppio di Israele o dell'Argentina. Solo tre in meno degli Stati Uniti. La sola Sicilia, con 7 «sigilli», si colloca davanti ai Paesi dal grandioso passato come la Siria o il Siam. Eppure mancano i riconoscimenti a Palermo, Segesta, Selinunte, Erice o Mozia e la riserva dello Stagnone. Per non dire di Taormina, amatissima da Maupassant («Se qualcuno dovesse passare un solo giorno in Sicilia e chiedesse: "Cosa devo vedere?" risponderei senza esitazione: "Taormina"») ma presa d'assalto con tale prepotenza dai cementieri da rischiare d'essere forse irrimediabilmente tagliata fuori.

Ed è proprio questo che fa arrabbiare: lo spreco di un patrimonio immenso, arricchito da piatti e vini di eccellenza. Spreco turistico, innanzitutto, se è vero come dice l'Enit che l'isola nel 2012 ha avuto poco più di 6 milioni di presenze straniere contro gli 8 milioni della Campania, i 9 e mezzo dell'Emilia-Romagna, i 19 della Lombardia, i 20 del Lazio, i 22 della Toscana, i quasi 26 del Trentino Alto Adige e gli oltre 40 milioni del Veneto. Un disastro, confermato nel 2013 dalla quota di soldi lasciati dai viaggiatori stranieri: 1.100 milioni di euro. Un trentesimo dell'incasso complessivo italiano. Un trentesimo!

Come mai? Trasporti pessimi, infrastrutture scadenti, alberghi spesso indecorosi o al contrario splendidi ma carissimi, musei e siti archeologici troppo spesso chiusi al sabato e la domenica a causa di un balordo accordo sindacale sulle festività, incapacità di far fronte al nuovo mercato turistico incentrato in larga parte sul web. Pochi dati: stando a uno studio della Fondazione Res, la visibilità dei siti museali siciliani è per il 26% accettabile o buona, per il 16 scarsa, per il 24 minima, per oltre il 33% inesistente: «Invisibilità totale». L'abbiamo già scritto ma val la pena di ripeterlo: perfino il portale web del turismo regionale, a dispetto di tutti i bla-bla-bla sempre più stucchevoli, è solo in italiano e in inglese. Quello delle Baleari è in sei lingue. E le isole spagnole fanno undici volte più turisti e quattordici volte più voli charter.

Detto questo (chi è causa del suo mal pianga se stesso...) lo spreco maggiore resta quello archeologico, artistico, paesaggistico. Di ricchezze che dovremmo custodire con amore. «A me sembra che la Sicilia stia facendo di tutto per perdere i riconoscimenti Unesco da noi concessi in questi anni», ha spiegato furente a Isabella Di Bartolo de La Sicilia il maltese Raymond Bondin, presidente onorario del Comitato delle città e dei villaggi storici Unesco dopo esser stato commissario dell'organismo internazionale che sceglie i beni da tutelare della World Heritage List nonché tra i promotori dei «sigilli» dati all'isola.

L'accusa è pesante: «Non capisco in tutta sincerità come i politici siciliani non riescano a gestire il patrimonio dell'Isola in maniera corretta. Anzi, non lo gestiscono affatto. Da tempo». Insomma: «La Regione non riesce neanche a spendere i pochi finanziamenti che arrivano». Un esempio? La Necropoli rupestre di Pantalica, «patrimonio dell'umanità» con Siracusa dal 2005. Nove anni dopo, denuncia il dirigente Unesco, manca un piano di gestione «nonostante questo sia la prima condizione per il mantenimento del riconoscimento. E adesso che la Regione ha ottenuto un milione di euro per la promozione del sito non si riesce a spendere questa somma perché manca il personale per aprire le buste degli appalti. Ma stiamo scherzando?».

In Regione, va da sé, spiegano che no, per carità, l'iter era lungo, occorrevano le necessarie verifiche, ormai ci siamo... Fatto sta che le parole di Raymond Bondin sono scoppiate con tritolo tra quanti amano la Sicilia e arrossiscono di vergogna davanti a queste imputazioni: «Nel mondo intero, non esiste alcun posto con così tanti tesori come la Sicilia. Non esiste un altro luogo con una concentrazione così densa di meraviglie - sospira Bondin -. Eppure, dopo tanti discorsi, continue nomine di assessori regionali, soprintendenti et similia, siamo all'anno zero. L'amara realtà è che la Sicilia non è capace di gestire l'immensa fortuna che ha».

Lo sconcerto, che dovrebbe portare in tempi brevi a una ispezione degli esperti per un monitoraggio dei vari siti, riguarda in primo luogo il teatro di Siracusa: «Non è possibile che un monumento di così immenso valore per la storia possa essere stato dimenticato». Considerato come il più bello e importante di tutti i «fratelli» greci, il teatro sul colle Temenite è in questi giorni al centro di una dura polemica sul tema delle responsabilità per i ritardi di un restauro deciso dall'allora soprintendente Mariella Muti nel lontano 2006 perché già allora erano evidenti molte «criticità». Da allora ad oggi, però, tutti i tentativi di avere dei finanziamenti sono andati a vuoto.

Per colpa di chi? Della Regione? Delle procedure burocratiche? Delle leggi e leggine sugli appalti così farraginose da esporre ogni commessa ai ricorsi davanti al Tar? Certo è che il panorama è sconfortante. Nel novembre del 2011 Legambiente pubblicò un dossier che denunciava con parole allarmate lo stato di quelli che dovrebbero essere i tesori dell'isola. Si intitolava «Unesco alla siciliana» e Gianfranco Zanna scriveva: «È inutile nasconderlo, prende davvero lo sconforto davanti a tanta desolazione, degrado, disattenzione, incuria...». Tre anni dopo, nulla o quasi nulla è stato fatto. Cin cin. Ma speriamo che lo zibibbo venga trattato meglio...

6 Milioni

I turisti che hanno visitato la Sicilia nel 2012 (dati Enit)

Nello stesso anno sono stati 40 milioni i visitatori del Veneto, 26 quelli del Trentino Alto Adige, 22 quelli della Toscana

51

Le ricchezze italiane inserite nella «World Heritage List» dell'Unesco.

Nessuna nazione ne ha di più: dietro l'Italia ci sono la Cina con 46, la Spagna (43), la Germania (39), la Francia (38) - Fonte: Corriere della Sera (di Gian Antonio Stella)