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Rassegna stampa Astoi
La Stampa - Infrastrutture inadeguate e prezzi alti: ecco perché non possiamo subentrare

La Stampa - Infrastrutture inadeguate e prezzi alti: ecco perché non possiamo subentrare

20 Agosto 2013


Filippetti (Astoi): da noi manca tutto, anche il personale

Un grande vuoto e una grande opportunità. L'Egitto sull'orlo della guerra civile esce dai circuiti turistici internazionali per un tempo indeterminato (potrebbe trattarsi di un breve black-out, ma nessuno è in grado di fare previsioni) e questo sottrae a milioni di turisti una destinazione finora accessibile e a buon mercato. Ma il turismo di massa è un gioco di vasi comunicanti e il flusso che viene meno da una parte può facilmente dirigersi altrove. Magari verso l'Italia? Si può fare qualche cosa fare per attrarre da noi gli «orfani» di Sharm? I tour operator federati nell'Astoi pensano di poter deviare alcuni italiani da Sharm all'Italia, mentre vedono poche possibilità con gli stranieri.

Cominciamo dai numeri in gioco. I viaggiatori italiani in Egitto si erano già un po' ridotti in questi ultimi anni di turbolenze, ma in tempi normali le presenze a Sharm erano anche superiori alle attuali 20 mila a settimana, si superavano di molto le 80 mila partenze al mese, a cui si doveva aggiungere un flusso di turismo culturale verso il Cairo, Luxor, Assuan e il Nilo, pari a un'altra decina di migliaia di persone (azzeratesi negli ultimi tempi); in totale, almeno 90 mila italiani al mese in Egitto in tempi normali. Il flusso dall'Italia era il più consistente, se non altro per ragioni storiche (visto che Sharm è una creazione italiana) e per la presenza di una rete più fitta di collegamenti aerei, ma in più si contava una presenza mensile di 50 mila russi, 30 mila tedeschi, circa 10 mila inglesi e poi molte altre nazionalità. Adesso dove andrà tutta questa gente? Nardo Filippetti, fondatore e presidente di Eden Viaggi e presidente dell'Astoi (Confindustria Viaggi), non crede possibile attrarre molti turisti stranieri extra verso l'Italia.

«Io sono nato albergatore, lavoravo in albergo già a 15 anni» dice alla Stampa «ma vedo che il turismo in Italia resta la cenerentola dell'economia che è sempre stato». Che cosa c'è che non va? « Non va niente. L'Enit ha un bilancio di 16 milioni all'anno di cui 15 vanno in stipendi. Con quali soldi può propagandare l'immagine dell'Italia nel mondo? E poi da quando c'è il federalismo ogni Regione fa da sé, ma che cosa vuole che possa propagandare la Regione Abruzzo a Hong Kong? Se faccio questi esempi concreti non è per dare colpe alle persone, è il sistema che non funziona. Servirebbe una regìa unica nazionale, e dotata di grandi risorse». Poi c'è un problema di offerta. Certo, a Sharm le vacanze costano poco, e non è facile offrire in Italia agli stranieri dei prezzi comparabili. Ma prima che si inventassero i voli low cost nessuno immaginava che si potessero tagliare i prezzi fino a quel punto. In Italia non potremmo inventarci qualche genialata del genere?

Filippetti concorda in parte: «In Italia ci sono 33 mila alberghi con una media di appena 28 stanze ciascuno. C'è una forte cultura dell'artigianato ma non dell'industria alberghiera. Mancano i grandi alberghi da 400 stanze e le grandi catene con le loro economie di scala. Il risultato è che a Firenze e a Roma gli hotel costano il 30 o 40% più che a Londra o a Parigi. Su questo si potrebbe intervenire, con una rottamazione degli alberghi». Ma per Filippetti c'è anche molto altro. «Abbiamo una burocrazia demenziale che, l'ho sperimentato di persona, ti fa perdere 6 anni prima di farti aprire una struttura. Poi ci sono tempi di ammortamento degli alberghi di 25 o 28 anni: questa è una cosa che stronca gli investimenti, dipende dalle banche, ma potrebbe intervenire anche il governo. Poi abbiamo pochissime persone che parlano il russo o il cinese: come si fa ad attrarre i nuovi flussi turistici? Io non riesco a trovare il personale qualificato che mi serve. E poi la cosa peggiore di tutte: in Italia è venuto a mancare il senso dell'ospitalità, non c'è cultu