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Il Sole 24 Ore - Il caos Egitto spiazza le imprese

Il Sole 24 Ore - Il caos Egitto spiazza le imprese

30 Gennaio 2011

Squinzi (Mapei): «Sorpresi dalla rivolta» - I tour operator bloccano i voli per il Cairo

«Siamo sorpresi da quanto sta avvenendo in Egitto. Mi ricorda la situazione che ho vissuto nel 1978 in Iran. Anche allora non comprendemmo la fragilità del sistema, e quello che sarebbe avvenuto di lì a poco con la rivoluzione khomeinista. L'Egitto, così come all'epoca l'Iran, appariva un paese islamico stabile e moderato».
A parlare è Giorgio Squinzi, presidente di Federchimica e amministratore unico del gruppo Mapei. Squinzi ha
notizie poco rassicuranti in arrivo dallo stabilimento Vinavil che il gruppo Mapei ha inaugurato a Suez nel 2003. La città del canale è uno degli epicentri della rivolta. La fabbrica che produce per il Medio Oriente e per
l'Africa si è dovuta fermare, i 100 dipendenti sono nel caos, e il direttore dello stabilimento ha manifestato la
volontà di lasciare il paese. Eppure, solo fino a pochi giorni fa, prima che l'effetto-domino delle rivolte nordafricane arrivasse con una rapidità inimmaginabile sulle rive del Nilo, l'investimento egiziano mostrava tutta la sua solidità: «Lo stabilimento - dice Squinzi - ha raddoppiato la capacità produttiva due anni fa. La crisi economica internazionale non ha inciso sull'attività, ed eravamo in trattative per passare dall'attuale joint venture all'acquisizione dell'azienda».
Nessuno ha la sfera di cristallo per capire quale sarà l'assetto dell'Egitto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ma di certo i piani del governo, che ha puntato quasi tutte le carte su logistica, energia e turismo, non sono bastati a consolidare il sistema. I grandi impianti di trans-shipment che intercettano le merci in viaggio dall'Asia verso l'Occidente, le zone economiche speciali per gli investitori stranieri, l'oil&gas e il turismo hanno portato un boom senza benessere che in questi giorni sta moltiplicando la voglia di cambiamento e di riforme, anzichè pilotare gradualmente il paese verso il futuro.
L'Italia nel 2010 si è confermata il principale partner economico e commerciale europeo. Ma oggi, all'improvviso, gli investitori si trovano davanti a un mercato che non riconoscono più. Sembra venire meno un baluardo, la testa di ponte per gli affari italiani in Nordafrica, perdipiù in un contesto di relazioni bilaterali di ottimo livello. Le reazioni davanti agli eventi del Cairo, di Alessandria e di Suez sono improntate all'attesa e alla massima prudenza. «Stiamo seguendo da vicino la situazione» si limitano a dichiarare fonti di Intesa Sanpaolo, che controlla il 70% di Bank of Alexandria, la banca egiziana con 200 filiali sul territorio, 1,6 milioni
di clienti, prestiti per 2,3 miliardi di euro (0,6% del totale Intesa) e depositi per 3,3 miliardi di euro (0,8%).
Gli sportelli di Bank of Alexandria sono chiusi in via cautelativa, ma tra i cittadini egiziani non sembrano esserci in questi giorni sintomi di panico finanziario, niente corsa a ritirare i risparmi. Anche in questo caso, la rivolta egiziana ha preso tutti in contropiede: Bank of Alexandria aveva infatti appena iniziato un piano di ristrutturazione e ammodernamento delle filiali, a cominciare dal centro del Cairo.
«Non registriamo criticità per i nostri dipendenti e i nostri impianti» fanno sapere da Italcementi, che controlla Suez Ciment, la società leader del mercato egiziano con cinque cementerie situate nella zona sud del Cairo.
Non si intravede al momento alcun blocco di attività, ma la situazione è comunque seguita con molta attenzione, anche perchè ieri in Egitto era giornata festiva, e gli impianti, che danno lavoro a 4mila egiziani per un giro di affari di 800 milioni di euro, funzionavano a regime ridotto.
Fra le circa 30 imprese italiane di medio-grandi dimensioni che operano nel paese nordafricano spiccano le
società del settore energia (Eni, Enichem, Saipem,